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I FUNERALI DI BERGOGLIO SPUNTO PER UN PARALLELO TRA BERNINI E HARDY

  • francescofst
  • 27 apr
  • Tempo di lettura: 2 min

Tutti coloro che sono stati costretti a studiare storia dell'arte imparano che il colonnato realizzato dal Bernini in piazza san Pietro simboleggia l'abbraccio della Chiesa al proprio popolo.


Non sapevo che questo intento l'avesse dichiarato lo stesso Bernini: “La chiesa di S. Pietro, quasi matrice di tutte le altre doveva haver’ un portico che per l’appunto dimostrasse di ricever à braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gl’Heretici per riunirli alla Chiesa, e gl’Infedeli per illuminarli alla vera fede”, dicono abbia detto.

Per la maggior parte del tempo, la macchina rimane spenta, silente e il turista si sento solo e sperso di fronte a cotanta immensità. Ieri, al contrario, è stato uno di quei rari casi in cui la macchina è entrata in funzione e il colonnato ha veramente circondato con un unico abbraccio i fedeli (e non) raccoltisi in piazza per celebrare i funerali di Bergoglio. L'avessero celebrati dentro San Pietro, l'effetto non sarebbe stato altrettanto scenografico.


Ma veniamo a noi: qui si vede la differenza tra l'ARCHITETTO e gli altri soggetti coinvolti nelle costruzioni. l'Architetto, a differenza dell'artista, dell'artigiano o del capo cantiere, guarda in grande e si cura il giusto dei dettagli, a quelli rimandandoli. E, a differenza dell'ingegnere, si cura della BELLEZZA, non della resistenza. I cosiddetti "geometri" non meritano neppure di essere citati in questo confronto. Naturalmente esistono (sono esistiti) cattivi architetti e bravi ingegneri (Nervi), artisti (Michelangelo), artigiani e capomastri (putroppo i cui nomi non sono a me noti) ma questo è - come si suol dire - un altro problema.

Per un professionista che si vuol fregiare di quel titolo, "Architetto", vige l'obbligo di coniugare vari aspetti del problema, come la funzionalità, la robustezza, ma soprattutto la bellezza, un concetto notoriamente difficile da definire. In questo, egli è fratello minore del matematico, che cerca nella purezza del pensiero astratto strutture sempre più generali e - soprattutto - eleganti. Non lo dico io, lo dice Godfrey Harold Hardy nella sua stupenda "Apologia di un matematico" (A Mathematician's Apology) che, curiosamente, non è un libro di matematica, ma è un libro sulla matematica: “Le forme create dal matematico, come quelle create dal pittore o dal poeta, devono essere belle: le idee, come i colori o le parole, devono legarsi armoniosamente. La bellezza è il requisito fondamentale: al mondo non c’è posto perenne per la matematica brutta. Non ho mai letto un'edizione sufficientemente commentata di quel testo, pertanto mi ripropongo scriverne una io. Pronta la prima annotazione: il matematico inglese si è sbagliato; non è al pittore o al poeta che si ispira, ma all'Architetto (con la "A" maiuscola). E già me ne sovviene una seconda: notate quel "perenne". Vuol significare che temporaneamente, per "brevi" periodi (magari qualche decina di secoli), è anche possibile che si crei matematica brutta, quasi fosse indispensabile per giungere alla bella. Prima o poi, tuttavia, quella sarà spazzata via e al suo posto saranno erette nuove e più belle costruzioni. Magari fosse così anche per le nostre città!

 
 
 

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