Premessa
“Appuntato, allora, funziona la freccia?” chiede il brigadiere al collaboratore in una famosa barzelletta avente per protagonisti due carabinieri “Ora si, ora no, ora si, ora no, …”, risponde quello.
Il riso, recita il proverbio, abbonda nella bocca degli stolti, i quali, assunto che il funzionamento della freccia debba intendersi come quello di lampeggiare, sorridono dell’ingenuità dell’appuntato, il quale, al contrario di quelli, ritiene invece che all’accensione corrisponda il funzionamento e allo spegnimento il non-funzionamento, dimostrando così un profondo, innato senso della logica, come mi accingo a dimostrare.
Elettromeccanica
Il funzionamento del campanello di casa di una volta, col martelletto che batteva sulla campana per intendersi, si fonda sul seguente principio: la pressione sul pulsante determina la chiusura di un contatto elettrico che, a sua volta, comporta l’eccitazione di un relè elettromeccanico che comanda il movimento del martelletto. Così si avrebbe tuttavia un solo colpo. Per ottenere la ripetizione si utilizza un trucco: in serie al contatto del pulsante si inserisce un contatto normalmente chiuso comandato dallo stesso relè. Quando il relè si eccita, il contatto si apre, determinando la diseccitazione dello stesso relè! Una molla riporta il martelletto nella posizione originale e, se il pulsante continua ad essere premuto, il ciclo si re-innesca e si genera il tradizionale suono del campanello di una volta. Alla pagina Campanello elettrico - Wikipedia trovate un’esaustiva spiegazione del funzionamento corredata anche da foto e da un’inequivocabile animazione.
Elettronica digitale
Nell’elettronica digitale si utilizza un componente, denominato “invertitore”, la cui funzione è di generare in uscita il negato del segnale in ingresso: se in input arriva uno 0, in output si avrà un 1 e viceversa. Cosa succede se si collega l’uscita sull’entrata? In teoria il dispositivo dovrebbe incepparsi, perché non è possibile avere contemporaneamente in uscita un segnale e il suo negato; nella pratica, la commutazione richiede un certo tempo, di conseguenza se in input arriva uno 0, in output con un certo ritardo si genera un 1, che, inviato all’ingresso genera, con un certo ritardo uno 0 e così via. In sostanza, in output si avrà una sequenza 0 – 1 – 0 – 1 - … Lo schema elettrico di questo dispositivo è rappresentato nella testata.
Su questo principio si fonda il “clock” del computer, che sovrintende allo scorrere del tempo in quella strana macchina e il cui schema è rappresentato nell’immagine in testata.
I due casi sopra elencati hanno alcuni elementi astratti in comune, precisamente:
- La capacità di generare, in uscita, il negato del segnale in ingresso;
- Il collegamento dell’uscita nell’ingresso.
Il mentitore
Secondo Wikipedia, la prima formulazione del paradosso (antinomia) del mentitore è data nientepopodimeno che da Paolo di Tarso: «Uno di loro, proprio un loro profeta, ha detto: “I Cretesi sono sempre bugiardi, brutte bestie e fannulloni”. Questa testimonianza è vera.» Il "profeta" a cui allude Paolo sarebbe Epimenide di Creta (VI secolo a.C.), di cui non ci restano scritti. Se assumiamo che l'affermazione sia vera, allora sarebbe vero che Epimenide, in quanto cretese, è un bugiardo. Ma allora la sua affermazione “i Cretesi sono sempre bugiardi” non sarebbe vera ed otterremmo una contraddizione. Se invece assumiamo che l'affermazione sia falsa, allora sarebbe vera la negazione di “i Cretesi sono sempre bugiardi”, cioè sarebbe vero che alcuni cretesi dicono la verità e alcuni mentono. In questo caso non vi sarebbe alcuna contraddizione e potremmo identificare Epimenide come uno dei cretesi che mentono. Per quanto argomentato nel caso precedente, non può infatti esser vero che Epimenide dica la verità.» [da Paradosso del mentitore - Wikipedia]
La versione più diffusa ai giorni nostri recita: “questa frase è falsa” ed è immediato verificare che essa non può essere né vera, né falsa. Il paradosso si fonda sulle medesime caratteristiche dei due dispositivi sopra descritti: è autoreferenziale (“parla di sé stessa”) e nega il proprio valore di verità.
Logica del Tempo
Nel testo “La logica del tempo”, pubblicato da Bollati Boringhieri nella collana “Serie di logica e matematica”, ho scovato l’articolo “Tempo, cambiamento e contraddizione” scritto nel 1969 dal logico e filosofo Georg H. von Wright che illustra molto meglio di come avrei fatto io come gli esempi di sopra siano tra loro legati.
Non potendo riportare l’intero articolo, ho selezionato per voi i passi ritenuti, da me, più significativi, a cominciare dal seguente:
Che tempo e cambiamento siano nozioni connesse è banale: attraverso i sensi e la memoria noi prendiamo atto che qualcosa nel mondo “là fuori” (inteso “fuori dalla nostra mente”) è cambiato; per astrazione, a questo cambiamento associamo la nozione di “tempo”. [1] La connessione tra cambiamento e contraddizione è appena più complessa. Ipotizziamo che un sistema possa assumere stati diversi; per “cambiamento” intendiamo la transizione da un determinato stato ad uno diverso [2]; come evidenziato anche da von Wright nel suo articolo, ciò comporta la distruzione del primo stato e la creazione del secondo, volendo intendere che:
- nell’istante iniziale, il primo stato è, mentre il secondo non è;
- nell’istante finale, il primo stato non è, mentre il secondo è.
Quindi il cambiamento sottintende il continuo passaggio dall’essere al non essere e viceversa. Aggiunge quindi von Wright:
La nozione di cambiamento – per quanto abbiamo visto sopra - sembra dunque anteriore a quella di tempo, ma – sostiene Kant, in maniera un po’ forzata secondo chi scrive – se non collochiamo i due stati contrari in istanti di tempo differenti, si verificherebbe la loro contemporaneità, quindi la contraddizione, proprio come si verifica nel paradosso del mentitore! In tal senso, il tempo è la via d’uscita dalla contraddizione.
Ne conclude quindi il filosofo finlandese che:
La dipendenza epistemica tempo – cambiamento dovrebbe essere chiara per quanto ho già scritto; per la seconda, prendiamo ancora le parole dell’articolo:
In breve: la mente non può fare a meno della nozione di tempo se vuole rappresentare la transizione tra stati diversi senza evitare la contraddizione.
Ne concludiamo che tempo – cambiamento – contraddizione sono come tra loro interconnessi in un intricato e inscindibile riferimento circolare … a meno che – ipotesi formulata dallo stesso von Wright – non passiamo il Rubicone e accettiamo come possibile la contraddizione, come voleva quello che considero il più oscuro dei filosofi, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, del quale ho trovato questo mirabile passo in rete: «qualcosa si muove, non in quanto in questo Ora è qui, e in un altro Ora è là, ma solo in quanto in un unico e medesimo Ora è qui e non è qui, in quanto in pari tempo è e non è in questo Qui. Si devono concedere agli antichi dialettici le contraddizioni ch’essi rilevavano nel moto, ma da ciò non segue che pertanto il moto non sia, sebbene anzi che il moto è la contraddizione stessa nella forma dell’esserci.»
Conclusione inconcludente
Lo ammetto, mi sono lasciato prendere la mano ed ho sconfinato nella divagazione pseudo – filosofica. Rimane però la meraviglia di fronte al fatto che, a duemila anni di distanza (nel tempo!), si incontrino l’intuizione di un abitante di una minuscola colonia della Magna Grecia, Parmenide di Elea, e il dispositivo che comanda il funzionamento della più importante innovazione tecnologica della storia. Rappresentato peraltro nella sua forma più essenziale, spogliata di qualsiasi orpello connesso alla sua effettiva modalità di costruzione.
Potrei affermare che l’intuizione di Parmenide si riduca ad una sorta di "principio di impossibilità": è impossibile costruire un dispositivo che commuta in tempo zero. Una banalità per gli ingegneri, consapevoli che ogni sistema reale presenta una propria inerzia al cambiamento di stato, che tuttavia si sforzano di violare con la costruzione di computer sempre più veloci, cui corrispondono, a livello hardware, clock che commutano in tempi sempre più rapidi. In altre parole, la commutazione digitale è solo una comoda rappresentazione di un fenomeno più complesso che, se descritto nel dettaglio sullo sfondo di un modello di tempo continuo, mostra come la tensione in uscita assuma tutti i valori compresi tra il massimo e il minimo e come tale processo richieda una durata comunque finita. Zenone, allievo di Parmenide, ribatterebbe loro comunque che la realtà, quella vera, sembra commutare in tempo zero perché in ogni istante i valori di tensione sono tra loro diversi. Personalmente l’unica via di uscita è prendere atto che la retta reale è anch’essa una rappresentazione, un modello di tempo approssimato, come il “tempo discreto” insomma, che non coglie esattamente il reale. Tutto ciò, nonostante sia il modello migliore di cui disponiamo. Questo richiede però un blog dedicato.
Rimane una sola certezza: se ad essere fermato fosse stato il potentissimo professore dell’università di Berlino, all’appuntato sarebbe stata data l’opportunità di appendere la divisa alla gruccia ed intraprendere la carriera di ricercatore.
NOTE
[1] Per inciso, alcuni di noi (io, ma von Wright scrive anche Aristotele e Agostino, ai quali io aggiungo Rudolf Carnap, quindi sono in ottima compagnia) sostengono che il tempo non esiste ed esista solo il cambiamento. Si può infatti immaginare, come sembra fare Newton nel suo celebre scoglio, che costruendo orologi sempre più precisi si arrivi a cogliere, con approssimazione sempre migliore, lo scorrere di un tempo “assoluto, vero e matematico” [1.1]. L’orologio che dovrebbe scandire questo tempo assoluto, un “orologio cosmico”, come a me piace chiamarlo, è inaccessibile pertanto vi sono ottimi motivi per ritenere che non esista; come al solito, l’uomo costruisce il tempo a sua immagina e somiglianza.
[1.1] Il riferimento è al celebre scoglio esposto dal fisico inglese nei Principia: «ll tempo assoluto, vero, matematico, in sé e per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno, scorre uniformemente, e con altro nome è chiamato durata; quello relativo, apparente e volgare, è una misura (esatta o inesatta) sensibile ed esterna della durata per mezzo del moto, che comunemente viene impiegata al posto del vero tempo: tali sono l’ora, il giorno, il mese, l’anno.»
[2] Astenetevi dalla tentazione di associare al cambiamento tra stati uguali il “cambiamento nullo”!
Come sai, il paradosso del mentitore manda a gambe all'aria il progetto di Frege, con il giovane Russell che gli scrive per farglielo appunto osservare. Russell introduce una soluzione, semplice, ma efficace, che a mi a volta descriverei così: ogni enunciato assume una valore il valore di verità, che gli è dato dal livello di profondità cui è preso in esame (o è stato immerso). Quindi, esistono livelli e meta-livelli, ovvero la verità non sta nel tempo ma nello spazio (in una dimensione che è quella della profondità, sostantivo che preferisco ad altri soprattutto perché ci lascia intuire uno spazio che va oltre il piano delle due dimensioni, cui invece in buona sostanza si appella Newton). Di conseguenza, anche le…