«Onde si fa manifesto, che la città è infra le cose, che son per natura; e così che l’uomo è per natura animale sociale: e che chi è per natura, e non per fortuna senza città, si debba stimare, o cattivo uomo, o da più che uomo, siccome è quegli da Omero diffamato:
Uom senza legge, e senza tribù, e ’mpuro.
Aristotele, Politica: Libro primo - Capitolo II: Che cosa sia città
Va in onda in film “Il diritto di contare”; è la «storia della matematica afroamericana Katherine Johnson (Taraji P. Henson) e delle sue colleghe Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monáe). Le tre donne lavorano come calcolatrici per la NASA, affrontando i problemi derivanti dalle leggi a sfavore del colore della loro pelle e dall’insofferenza degli uomini verso la richiesta dei diritti femminili.» (da Il Diritto di Contare - Film (2016) (comingsoon.it)). Ripenso allora che quelle donne risolvevano equazioni scritte in virtù delle scoperte compiute trecento anni prima da uno scienziato passato alla storia per la sua esistenza solitaria: Isaac Newton. Ho sempre saputo della nomea su questo uomo e penso sia giunto il momento per approfondire il tema. Decido allora di leggere una sua biografia. Opto per quella scritta da James Gleick; niente di speciale, non ve la consiglio.
Contiene tutti i “temi” tradizionali sulla vita del fisico inglese, di seguito in ordine sparso:
la genialità, invero non evidenziata in tutti i suoi risvolti dal suo biografo;
dispiace invece che non dia risalto alle sue capacità sperimentali. Isaac Newton non è stato solamente il primo “fisico teorico” della storia, almeno come lo intenderemmo noi, ma anche un ottimo “fisico sperimentale”, se considerate che non solo si costruì in proprio il laboratorio di ottica, ma addirittura un telescopio a riflessione, funzionante su un principio completamente diverso da quello del suo predecessore Galileo (che, tra l’altro, non lo inventò, ma lo copiò, invero perfezionandolo, da un ottico dei paesi bassi, se non sbaglio). Per non parlare del suo laboratorio chimico …
le celebri dispute contro Hooke e Leibniz e altri ancora. Dal racconto traspare che egli nutriva un vero e proprio odio nei confronti di quelli che riteneva essere suoi avversari, che, non di rado, lo portarono a comportamenti scorretti; emblematica, nella disputa contro il filosofo tedesco per la nascita del calcolo, la relazione scritta in suo favore dal “comitato” della Royal Society. Peccato che Presidente di quell’istituzione fosse, nello stesso periodo, proprio Newton. Ma forse in quel periodo il “conflitto di interesse” era ancora un concetto di là da venire;
la sua passione per l’alchimia. Da quando è venuta fuori la vicenda del “baule di Newton”, la questione è arcinota e non sorprende più nessuno. John Maynard Keynes, insigne economista inglese, nel 1936 acquistò da Sotheby’s una cassa di documenti contenete documenti e altre carte segrete scritte di pugno da sir Isaac Newton ignote ai precedenti biografi. Lo studio di quei documenti culminò nella celebre frase pronunciata dallo stesso Keynes nel 1942, in occasione di una conferenza al Royal Society Club: «Nel diciottesimo secolo, e poi da allora in avanti, Newton prese ad essere considerato come il primo e il più grande degli scienziati dell’età moderna: un razionalista, uno che ci insegnò a pensare seguendo i principi del ragionamento freddo e imparziale. Io non lo vedo in questa luce. Credo che nessuno di coloro che hanno meditato sui materiali contenuti in quella cassa, da lui stesso riempita quando lasciò Cambridge nel 1696 – materiali che, sebbene in parte dispersi, sono giunti fino a noi – possa considerarlo in quel modo. Newton non fu il primo scienziato dell’età della ragione. Piuttosto fu l’ultimo dei maghi, l’ultimo dei babilonesi e dei sumeri, l’ultima grande mente soffermatasi sul mondo del pensiero e del visibile con gli stessi occhi di coloro che cominciarono a costruire il nostro patrimonio intellettuale poco meno di diecimila anni fa.»
la passione per le sacre scritture, a me meno nota. Tra i suoi scritti religiosi, il più famoso è un “Trattato sull’apocalisse”, in Italia pubblicato da Bollati Boringhieri, con testo inglese a fronte! In rete invece, ricordo di aver trovato il testo “Isaac Newton's Temple of Solomon and his Reconstruction of Sacred Architecture”. Secondo il Jerusalem Post, l’architettura del templio costituì per lui una vera e propria ossessione (https://www.jpost.com/israel-news/newtons-temple-596350). [0]
In virtù dei due temi precedenti è più comprensibile il motivo per cui la sua opera più famosa si intitolò “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica” e fu scritta in latino. Galileo aveva già pubblicato il suo discorso sulle due nuove scienze (basta con la filosofia!) in italiano (basta col latino!), tuttavia dalla biografia emerge che Newton non fosse un profondo conoscitore delle opere dello scienziato pisano e che era agganciato alla tradizione filosofica ed esoterica antecedente quella galileiana.
Niente di nuovo dunque, fatto salvo un aspetto: l’isolamento del fisico inglese fu più esasperato di quanto pensassi. È diffusa la voce che Newton morì vergine [1], ma questo potrebbe anche non stupire: molte altre figure di spicco del pensiero occidentale (anche donne) non brillarono per i rapporti con l’altro sesso. Newton però non ebbe neanche amici, tolti quelli dell’ultimo periodo, in verità più adulatori che amici nel senso del termine. Non compare, nella citata biografia, un aneddoto dedicato a relazioni intercorse tra Newton e altre persone. Si ricorda una sola volta in cui fu visto ridere [2]. A proposito, sembra che siano state pubblicate almeno duecento biografie sulla vita dello scienziato inglese, invero un numero sproporzionato considerato che la sua esistenza fu estremamente monotona, per non dire noiosa! [3] [4]
Ma passiamo alle conclusioni (mie, non di Gleick): «… ogni individuo è naturalmente incline a impiegare il suo capitale in modo tale che offra probabilmente il massimo sostegno all'attività produttiva interna e dia un reddito e un'occupazione al massimo numero di persone del suo paese. [...] Quando preferisce il sostegno all'attività produttiva del suo paese [...] egli mira solo al suo proprio guadagno ed è condotto da una mano invisibile, in questo come in molti altri casi, a perseguire un fine che non rientra nelle sue intenzioni» scrive Adam Smith nella sua opera più famosa: “La ricchezza delle nazioni”. Ebbene, mi sento di citare l’esistenza di Newton come la massima espressione dell’applicazione di questo principio. Forse non ha impiegato il suo “capitale” (il suo ingegno) per “il massimo sostegno all’attività produttiva del paese”, ma certo ha mirato esclusivamente al “suo proprio guadagno” (che io identifico con il proprio piacere di sapere; considerata la sua ben nota ritrosia a pubblicare, non vi era alcun tipo di interesse, soprattutto nei confronti del resto dell’umanità). Tuttavia le ricadute delle sue scoperte e del suo metodo hanno provocato nelle generazioni a venire più benessere di qualsiasi altra idea introdotta prima e dopo di lui. Al piccolo passo per un uomo solo, ma grandissimo per l’umanità, ha contribuito Isaac Newton più di ogni altro e questo non certo per il suo interesse verso il progresso dell’umanità.
Riprendendo la citazione dalla Politica di Aristotele sopra riportata, lascio al lettore stabilire se Newton sia stato un “uomo cattivo” o “più che un uomo”, qui inteso come al di là dell’uomo. [5] Per me, ho già deciso.
Vi lascio riportando il suo famosissimo auto-epitaffio: «Non so cosa possa sembrare al mondo, ma a me stesso sembra di essere stato solo come un ragazzo, che gioca sulla riva del mare e che si diverte a trovare di quando in quando un ciottolo più liscio o una conchiglia più bella del solito, mentre il grande oceano della verità si stende tutto sconosciuto davanti a me.» Al mondo sembrò qualcosa di completamente diverso …
NOTE
[0] gustosa la vicenda della data della fine del mondo, secondo la vulgata stabilita da Newton nel 2060. Il sito https://attivissimo.blogspot.com/2010/09/isaac-newton-e-la-fine-del-mondo-nel.html precisa invece che, secondo Newton, « It may end later, but I see no reason for its ending sooner», dunque si tratterebbe di una disequazione, non di un’equazione, di un limite inferiore, non di un valore univocamente determinato, una distinzione non banale per l’appassionato di matematica.
[1] l’agiografia vuole che Voltaire, presente al funerale di Newton, abbia avuto questa informazione dal medico personale di Newton. Secondo me, lo pseudo-filosofo francese doveva essere un pettegolone …
[2] il sito Le memorie segrete di Sir Isaac Newton | by Mensa Italia | Medium riporta l’aneddoto come una delle memorie di Newton, ma non sono certo che sia autentico;
[3] in virtù di questo suo atteggiamento, oggi alcuni sostengono che Isaac Newton fosse autistico o, quantomeno, Asperger. L’associazione tra persone autistiche e solitarie nuoce sia ai primi che ai secondi e sarebbe l’ora di scioglierla. Personalmente penso che al suo ritiro sociale abbia contribuito piuttosto una predisposizione genetica corroborata dall’educazione e la cultura dell’epoca. Alla luce dell’influenza provocata sugli adolescenti da due anni di isolamento conseguenti la pandemia, sarebbe anche interessante capire come l’analogo isolamento provocato dall’epidemia di peste influì sulla sua personalità.
[4] mi sono ovviamente domandato che tipo di professore sia stato Newton e quanti abbiano approfittato dell’opportunità unica di assistere alle lezioni di un personaggio così fondamentale per la storia della scienza. Con mio disappunto, in rete ho scoperto che le sue “lectures” erano considerate incomprensibili e spesso «so few went to hear him [that] oftentimes he did […] for want of Hearers, read to ye Walls» (“così pochi andavano ad ascoltarlo che il più delle volte, per mancanza di uditori, teneva le sue letture ai muri” - https://www.quora.com/As-a-Lucasian-professor-did-Isaac-Newton-teach-If-so-what-subjects-did-he-teach-and-how-good-a-teacher-was-he).
[5] nella vulgata, alle locuzioni “uomo cattivo” e “più che un uomo” corrispondono rispettivamente “bestia” e “Dio”, ma ho preferito attenermi alla traduzione riportata da Wikisource.
[6] di Newton possediamo la maschera mortuaria, vale a dire il calco del suo viso ripreso appena deceduto. Una reliquia che potete acquistare - in copia - anche in rete ma che, personalmente, trovo un po' macabra. Il suo viso non appare sereno, ma anzi preoccupato ... secondo me, gli dispiaceva di morire senza aver risolto la questione della gravità come azione a distanza ... Adoro il ritratto del fisico inglese che ho posto all'inizio del post. E' l'unico in cui appare senza parrucconi, addobbi o altri fronzoli simili, come si addice all'uomo di pensiero, che non ha tempo da dedicare al proprio aspetto. Il suo sguardo fiero verso il futuro, ricorda quello già commentato del ritratto a Galileo.
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